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Animali notturni (Nocturnal Animals)

È insopportabilmente trendy, retoricamente melò: è un gran film

 di Tom Ford. Con Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Isla Fisher

Susan Morrow (Adams) gestisce una prestigiosa galleria d’arte d’avanguardia – la vediamo inaugurare una mostra di statue viventi e video con grassone nude (Michele Dunn, Lori Jean Wilson, Peggy Fields Richardson, Piper Major) – ed è sposata con Hutton (Armie Hammer), uomo d’affari; la sua vita, apparentemente perfetta, è in crisi: il rapporto con il marito (che sta attraversando una crisi finanziaria) è più che logoro, il suo lavoro non la soddisfa più (da giovane voleva fare l’artista ma non ne ha trovato il coraggio) e la notte non dorme praticamente mai. Un giorno le arriva per posta la copia dattiloscritta del romanzo Animali notturni, che il suo ex-marito, Edward Sheffield (Gyllenhaal), sta per pubblicare. Lei ne è un po’ sconvolta: si sente ancora in colpa per il modo in cui, al tempo, lo aveva lasciato (verremo a sapere, che, aiutata da Hutton, aveva abortito del bambino che aspettava e che lui li aveva sorpresi all’uscita della clinica). La sera lei e il marito vanno a cena dalla sua amica modaiola Alessia (Andrea Riseborough), la sua confidente ma questa – talmente trendy da aver sposato il gay Carlos ( Michel Sheen) per non avere noie sentimentali – non può far molto per aiutarla. Durante la cena Hutton riceve una telefonata e parte immediatamente per New York. Più tardi, alle 4 del mattino, lei, mentre aveva cominciato a leggere il romanzo, lo chiama per avere notizie del viaggio e capisce che lui è con una ragazza (Imogen Waterhouse); ne è ferita ma fa finta di nulla e si rimette a leggere, sempre più coinvolta nella trama.

Il romanzo racconta di un uomo Tony Hastings (Gyllenhaal), che parte per il Texas con la moglie Laura (Fisher) e la figlia adolescente India (Elli Bamber). Di notte, in autostrada deserta, supera due macchine che camminano appaiate; alla guida di una delle due ci sono tre teppisti, Ray (Taylor-Johnson), il capo, Lou (Karl Glusman) e Turk (Robert Aramayo), che prima si fanno urtare, poi li buttano fuori strada e, infine, fingono di aiutarli, cambiando una gomma che, nella manovra, si era forata. Tony cerca di dominare la paura ma Ray e Turk caricano le due donne sulla sua auto, mentre lui è costretto a seguirli insieme a Lou. Arriva alle viste di una baracca, vicino alla quale è parcheggiata la sua macchina ma Lou lo minaccia e lo costringe a guidare fino ad un sterrato e qui lo fa scendere. Dopo una notte nascosto al buio, Tony arriva in una fattoria e chiama la polizia. Arriva il tenente Bobby Andes (Shannon) e con lui vanno alla baracca; qui, su di un divano, trovano i corpi nudi di Laura ed India: sono state violentate ed uccise. Le indagini proseguono a rilento, sino a che, in una rapina, uno dei tre banditi viene ucciso – ed è Turk – e l’altro, Lou, viene arrestato e riconosciuto da Tony. Poco dopo, Bobby porta Tony a casa di Ray e lo arresta in base alla sua testimonianza. Ma questi viene rilasciato: le prove contro di lui sono ritenute insufficienti. Bobby allora va a parlare con Tony e gli confida di avere un tumore ai polmoni che gli lascia solo un anno di vita e che il rilascio di Ray, è una mossa dei suoi superiori per accusarlo di negligenza e sostituirlo prima del tempo; lui, però, non è disposto a lasciar libero uno stupratore e assassino e gli chiede se è disposto ad andare fino in fondo con lui. Tony accetta e i due aspettano che Ray esca dal bar dove è andato a festeggiare, lo prelevano e lo portano a casa del poliziotto, i cui uomini, poco dopo, portano anche Lou. Il tenente li minaccia con la pistola e, dopo poco, li libera, per avere una scusa per ucciderli; i due scappano, Bobby ammazza Lou, dà una pistola anche a Tony e i due si dividono per cercare Ray; Tony lo trova nella baracca dello stupro e gli spara uccidendolo, anche se l’altro lo ha colpito con una spranga; all’alba, ferito e semicieco per la botta, si rialza, esca e, dopo pochi passi, si suicida con un colpo di revolver.

Durante la lettura Susan ha sprazzi di ricordi della sua storia con Edward: il primo incontro, la decisione di sposarsi, lo scontro con la madre (Laura Linney) che lo considera un debole senza avvenire, le crisi di lui alle prese con le prime, dure, esperienze di scrittore, la sua decisione di lasciarlo, fino all’aborto; soprattutto ricorda che Animale Notturno era il soprannome che Edward le aveva dato, per via della sua insonnia; nella galleria, intanto, lavora distrattamente e cambia idea su Alex (Zawe Ashton), una manager che considerava superficiale perché non aveva il suo stesso male di vivere e, per lei, si scontra con due aspre azioniste della galleria (Jena Malone e Kristin Bauer Van Stratten). Lei gli manda un messaggio, in cui gli chiede un appuntamento e lui risponde immediatamente, invitandola a cena. Al ristorante, però, lui non si presenta e lei rimane lì a scolarsi un whisky dietro l’altro.

Tom Ford è, come noto. un affermatissimo stilista: prima di avere un marchio proprio, ha lavorato per Gucci e per Yves Saint Laurent e, nel cinema (oltre ad un paio di apparizioni nel ruolo di se stesso) ha creato i costumi degli ultimi tre 007. La svolta, però, è stata il suo primo film, A single man, con il quale ha avuto immediati riconoscimenti e attenzioni critiche; pur essendo tratto dal romanzo di Christopher Isherwood, A single man, molto pervaso dalla sua vita personale (in particolare dalla malattia del suo compagno Richard), avrebbe potuto essere una feconda stravaganza in un percorso professionale attinente con l’arte. Animali notturni – anche questo tratto da un romanzo, Tony & Susan di Austin Wright – invece, è la prova di un vero talento registico. Non è certo un film perfetto, anzi: le ambientazioni e i personaggi che più trendy non si può, le metafore pittoriche (il quadro con la scritta Revenge, il toro trafitto dalle frecce, le ciccione oscenamente inutili) pesantemente allusive, le bellurie registiche e di montaggio, il tono dei dialoghi tra la soap Anche i ricchi piangono e un fondo di The New Yorker potrebbero essere – e in parte sono – forti limiti narrativi ma l’insieme è un film suggestivo, potente e, alla fin fine, sincero; quello che vediamo è il mondo di Tom Ford e lui ce lo racconta, senza mediazioni e, se ci entriamo, soffriamo, con gioia empatica, le sue sofferenze. Aiuta, certo, un cast di attori eccelsi anche in ruoli secondari ma, certamente, il Gran Premio della Giuria a Venezia non era immeritato.

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