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Le nuove frontiere della politica

Le recenti elezioni amministrative lasciano sgomenti i rappresentanti politici. I commentatori, cercano iperbole più o meno raffinate per raccontare le slavine culturali e politiche che si rappresentano nella modificazione dei gruppi sociali, nei partiti politici, nelle élite che sentono traballante il loro piedistallo. Eppure i segnali di avviso si sono moltiplicati in tutta Europa e non solo, da tempo e con pervicacia. I nuovi proletariati, acquisendo nel proprio interno i cedi medi, sfaldano i sistemi di rappresentanza e rendono inutili strumenti le analisi e gli articolati del novecento, mostrando così nudo il re della democrazia rappresentativa.

Il contesto e le modalità con cui il cambiamento si espande ne fanno un caso nel caso. Il contesto è quello di un cambiamento industriale/produttivo sussultorio raffrontabile all’idea di un terremoto, intere filiere spariscono e con loro competenze e professioni ed altre ne appaiono con qualità e forma inusitata. Le modalità riguardano la velocità con cui tutto ciò avviene, una velocità mai provata probabilmente nella storia umana, senza pause di assestamento. La produzione messa a confronto con i limiti del compatibile (ambiente, risorse prime, consumo, distribuzione) arretra spaventata dalle conseguenze sociali che una inversione rapida potrebbe produrre: la sparizione del consumatore.

I nuovi proletari hanno qualità e definizioni: per esempio sono radicali, sono mediamente colti, connessi, portatori di un diritto estremo e non soppremibile  –  il consumo ora, adesso e subito, e rivolto a se stessi. Nulla a che vedere con le masse proletarie che emergevano dalle campagne oscure e si collocavano nelle nuove città produttive ed illuminate e posizionandosi nelle periferie, aspettando di costruire uno spazio sociale per le generazioni che sarebbero venute, accumulando duramente tramite il risparmio, un vantaggio e una possibilità, alcuni in proprio, alcuni tramite le organizzazioni sociali di massa che diventavano proposta e potere politico conteso.

Pensare a forme di rappresentanza per comparti in una vaga architettura socialdemocratica è inutile e fuorviante, i soggetti sociali, mischiati, sovrapposti e liquidi non hanno tempo, devono rispondere con immediatezza al loro istinto sociale e trovare spazi in cui rappresentarsi. Sono allenati sulla rapidità e pensare in grande vuol dire uscire fuori dai pixel attraverso cui filtrano la realtà. Non si viene percepiti.

Sfatiamo anche la scusa dietro cui molti si nascondono, cioè che la tecnologia brucia il lavoro. Questo assunto è falso, è vero invece che lo trasforma e lo rende una materia di per se instabile, andrebbero quindi cercate qualità nuove invece di attardarsi in difese impossibili, la qualità del semplice accesso e della diffusività: poche regole chiare e chi non le rispetta ( questa parentesi riguarda prevalentemente l’Italia) fuori dal sistema.

Quindi le nuove frontiere riguardano il lavoro e la cultura. Le due cose non sono più scindibili, ma lo sapevamo già dalle ricerche sulla storia materiale negli anni 80.
Il compimento delle due azioni che si intrecciano, possono essere lasciate alle tensioni o alle casualità del mercato o, essere indirizzate dagli Stati. La differenza tra queste scelte produce la visione delle élite e nei paesi a prevalenza democratica l’elemento partecipativo diffuso unico e vero produttore di cittadinanza.

E’ il lavoro e la cultura che asciugano la paura della indifferenza e della inutilità che grava e pesa sugli individui molecolari urbani. E’ tramite di loro che è possibile scommettere sulle comunità educanti asciugando l’angoscia che trasuda dalle periferie e con la violenza dei dati virali tracima nei buoni quartieri borghesi ormai privi di sicurezze.

Se la politica vuole tornare il motore del paese può sperimentare fino in fondo queste esigenze senza avere tabù accettabili trenta anni fa, venendo da una storia statalista disastrosa, e avviando una ripartenza di piani nazionali d’investimento sulla riqualificazione ambientale, premiando con vantaggio fiscale le imprese compatibili, inclinando il piano potentemente sulle rinnovabili, attraverso una digitalizzazione che saturi il territorio, scegliendo l’agricoltura di qualità e i prodotti di nicchia, sviluppando servizi dignitosi  e paritetici in tutto il Paese, cercando il miglior design e innovazione manufatturiera. Lo può fare tramite Agenzie Nazionali leggere ad alto tasso di qualità, con programmi e pianificazioni certe e trasparenti, ci sono uomini e donne capaci e pronti per queste scelte, è la nostra migliore gioventù.

2 Responses to Le nuove frontiere della politica

  1. Pierluigi Sorti Rispondi

    11 giugno 2016 a 07:47

    Aggiungo agli argomenti (che condivido) sulla crescente concentrazione della ricchezza, il tema fondamentale di quell’atto di espropriazione del nostro potere d’acquisto, rappresentato dal meccanismo di conversione della lira.

    Con l’auspicio di possibili sinergie. Pierluigi Sorti

  2. Stefano Rispondi

    11 giugno 2016 a 20:11

    li-mes, la rivista italiana di geopolitica, intitola:

    Il calcio è una sfera di influenza,
    manovrata dalle grandi potenze
    tra eventi, affari e pay-tv.

    Forse, aggiungo io, è l’unico esempio dove la cultura e il lavoro si sono fusi. Peccato che hanno dato luogo alla criminalità organizzata delle scommesse, con conseguente mistificazione dello sport più popolare in Italia.

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