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Schengen, uno spazio di libertà e responsabilità

Il precedente Diario – reagendo ad uno dei “rintocchi” di campana per Europa, dopo i fatti di Parigi, quella che suona per la Difesa Comune Europea- aveva fatto il punto su questa strategica sfida per l’Unione. Intanto gli eventi hanno continuato ad accadere. In sostanza l’appello solenne della Francia all’articolo 42 (comma 7, aiuti ad uno stato membro) del TUE si è tradotto in una intensa trattiva bilaterale con singoli Paesi membri, partner nella/della Unione. Ma perché non si è seguita la procedura del comma 4, dello stesso articolo: “Le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione di cui al presente articolo, sono adottate dal Consiglio che delibera all’unanimità su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno stato membro” ? Bastava una intesa tra l’Alto Rappresentante, Sig.ra Federica Mogherini e il ministro della difesa dello stato del Lussemburgo (stato che in questo semestre detiene la Presidenza del Consiglio) e procedere alla convocazione del Consiglio. Non è stato fatto. Perché?….misteri di una Governance europea confusa e impacciata.
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Ora, però, Diario europeo vuole reagire al secondo “rintocco” della campana che suona per Europa: la circolazione dei cittadini europei dentro i confini della Unione e attraverso le suw frontiere esterne; e l’accesso dei non europei al territorio dell’Unione europea: lo Spazio Schengen.
Il Lussemburgo è un piccolo Stato membro dell’Unione. Schengen è una piccola cittadina di questo Stato.
Nel 1985, il 14 giugno, cinque Stati: Belgio-Olanda-Lussemburgo-Francia- Germania Ovest firmarono, a Shengen, un Accordo: “Consapevoli che l’unione sempre più stretta fra i popoli degli Stati membri delle Comunità europee deve trovare la propria espressione nella libertà di attraversamento delle frontiere interne da parte di tutti i cittadini degli Stati membri e nella libera circolazione delle merci e dei servizi”.
Nel 1990 – cinque anni dopo- il 19 giugno, gli stessi Stati hanno dato seguito all’Accordo tramite una apposita Covenzione nella quale :
“Avendo deciso di dare attuazione alla volontà manifestata in tale accordo (…); Considerando che il Trattato che istituisce le Comunità europee, completato dall’Atto Unico europeo, prevede che il mercato interno comporta uno spazio interno senza frontiere e considerando che il fine perseguito dalle Parti contraenti coincide con questo obiettivo, senza pregiudicare le misure che saranno adottate in applicazione delle disposizioni del trattato”,
convengono – cioè sottoscrivono- (su) una serie di “definizioni” e di “strumenti” che diventano da allora – per quegli Stati – le base giuridiche alle quali si conformano tutti i controlli di frontiera.
L’Italia aderisce nel 1990.
Nel 1992, questa “Convenzione” entra a pieno titolo nel Trattato di Maastricht e successivamente vengono recepiti nel Trattato di Amsterdam (1997).
Una “Decisione del Consiglio” del 20 maggio 1999, infine, dà completa attuazione del processo giuridico; la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (22 settembre 2000) conclude il percorso.
Abbiamo fatto questa ricostruzione per dare il senso che lo Spazio Schengen non è – come dire – una modifica alle regole del traffico. E’ una delle tappe significative della Integrazione europea. Una tappa, peraltro, incompleta. Rimasta tale, e perciò ora – nel vortice degli attacchi della criminalità sovranazionale e del terrorismo – entra in crisi.
Attualmente lo Spazio Schengen include 26 Stati europei (22 membri della UE, più altri come la Norvegia. La Svizzera, ecc. per adesione diretta, altri come il Vaticano e la Repubblica di S. Marino per via degli Accordi con l’Italia).
Nella strumentazione inclusa, sono previste anche modalità di scambio delle Informazioni. Modalità incomplete e non cogenti. Non un “sistema”.
E’ necessario integrare queste note, aggiungendo che nel 1 luglio 1999, diventa operativa Europol (abbreviazione di (EN) European Police Office, Ufficio di Polizia Europeo), l’agenzia finalizzata alla lotta al crimine nell’Unione europea.
A prima vista, questo insieme di strumenti e impegni dà una impressione di salda e completa capacità dell’Unione nel controllo di tutte la manifestazioni criminose e di pericolo per i cittadini e le cittadine dell’Unione. Ma le cose non stanno così, se si apprende, ad esempio, dalla semplice lettura della stampa quotidiana che attualmente solo 5 paesi informano in modo costante Europol sui “casi” di terrorismo!
Questa situazione e l’urto drammatico dei fatti di Parigi, hanno spinto i ministri di Giustizia e degli Affari Interni -Consiglio GAI – dei Paesi membri, nella riunione del 20 novembre , a procedere ad una urgente riforma del codice Schengen e a chiedere alla Commissione di preparare urgentemente la bozza della Decisione da presentare il prossimo 3-4 dicembre, al Consiglio G.A.I.
Dunque, le nuove “regole” dovranno essere varate a breve; ma già sono state rese note le intese tra gli Stati membri della Unione, raggiunte nel Consiglio di novembre. In estrema sintesi, entro la fine dell’anno, la Commissione sottoporrà al Consiglio e al Parlamento una serie di proposte di riforma del Sistema Schengen:
• La creazione di una Passenger name record (PNR) europeo (tutti passeggeri anche dei voli interni saranno registrati in un archivio e messi a disposizione di tutti i Servizi dei Paesi membri);
• Sarà rafforzato il controllo sistematico ai confini esterni, anche sui cittadini europei che godono della libertà di movimento; i non europei (migranti ecc.) saranno registrati e fotosegnalati. I dettagli saranno precisati: “gli stati membri si impegnano ad attuare immediatamente i necessari sistematici e coordinati controlli alle frontiere esterne, compresi gli individui che godono del diritto di libertà di movimento”.
• Da gennaio Europol lancerà il Centro europeo antiterrorismo (Ectc) nel quale dovrebbero confluire tutte le informazioni sensibili e elementi utili (gli Stati membri “dovranno” o “potranno” inviarli al Centro? Anche su questi aspetti, non secondari, occorre fare chiarezza. “Serve che non ci si limiti a registrare chi arriva, ma che si facciano verifiche sulle basi di dati nazionali ed europee, e che tale consultazione dei dati sia obbligatoria”, ha spiegato un diplomatico francese: “Questo implica che questa base di dati sia alimentata in tempo reale da tutti i paesi di Schengen, con le informazioni sulle persone che entrano, in particolare i sospettati di terrorismo”. Non si parla di mettere in comune le Intelligence, per farne un solo sistema europeo, ma la obbligatorietà ne costituirebbe già una premessa.
Diario Europeo non è aduso a spericolate (di per se stesso superficiali) altisonanti dichiarazioni. Constatiamo un rilevante (forse non ancora definitivo) gelo delle tendenze, aspirazioni “federaliste”. Alcuni intellettuali, anche di lunga tradizione federalista e di “sinistra”, hanno promosso, in questi giorni, una sorta di “fronte unito delle forze sovraniste”. Ricordano che grandi giuristi hanno lasciato scritto che: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione” (Carl Schmitt). Grandi economisti hanno detto: “la difesa è più importante dell’opulenza” (Adam Smith, nella Ricchezza delle nazioni). Ecc. ecc.
Eppure, mai come ora è necessario che menti più attente e razionali facciano sentire la loro voce, per “non buttare il bambino con l’acqua sporca” – se non disturba troppo questa intrusione nei discorsi “politici” di un fraseggio popolare.
Si può anche accettare la massima “Europa quando necessario, nazionale quando possibile” (Gran Bretagna). Appunto: se Europa (le istituzioni attuali, i Trattati vigenti, le opinioni pubbliche responsabili) si muove con rapidità, tempismo e lungimiranza, tanta “acqua sporca” – dove nuotano non solo il crimine e il terrore ma anche le paure e, quindi, i pensieri cupi del ritorno indietro – può essere prosciugata. Europa è necessaria. Tre sono i punti essenziali, tutti di ordine strettamente comunitario:
• La cooperazione – obbligatoria – tra le polizie e i servizi di intelligence
• La protezione – senza isterismi e sistematica – delle frontiere esterne alla UE
• La politica estera e di sicurezza della UE (ancora, troppo a lungo, a livello embrionale).

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